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"Caso" Murgia, Adinolfi fa la povera vittima ma in realtà è un carnefice.


Tre giorni fa Michela Murgia ha scritto un post sugli insulti schifosi, beceri e sessisti che riceve dai fans del fu governo gialloverde. 


Le ha risposto Adinolfi, col suo fare collaudato da povera vittima, dicendole in soldoni "eh come ti capisco... visto che io da sempre sono vittima degli insulti dei tuoi fans LGBT".

Sapete però qual è la differenza fra Michela Murgia e Mario Adinolfi in tutta questa storia di "odio social"?

Che Murgia è una vittima, Adinolfi è un carnefice.

Adinolfi quando non è impegnato a diffondere violenza omotransfobica in rete usa abitualmente il body shaming come arma per insultare i suoi avversari, perfino quando rischia di coprirsi di ridicolo (tipo quando disse che Ricky Martin era un vecchio ingrassato che non riusciva più a ballare).

Murgia no.

Per anni la bacheca di Adinolfi è stata una cloaca di insulti sessisti vergognosi ai danni di Monica Cirinnà.
E lui ha contribuito attivamente e fattivamente affinché lo fosse.

Murgia invece si batte contro l'odio in rete.

Ecco la differenza.

Adinolfi è un carnefice che vuole "picchiare" (virtualmente) le sue vittime per poi spacciarsi per la povera vittima discriminata quando le vittime fanno fallo di reazione.

Michela Murgia invece è solo una vittima in questa vicenda.
E a lei va tutta la nostra solidarietà.
E lei e a tutte le altre donne vittime della misoginia dei troglowebeti in rete aizzati dai sedicenti difensori della famiglia tradizionale e dei sacri valori di una volta.

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